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PASSARE DALLA PERFORMANCE ALL'ECCELLENZA: A SCUOLA DI GRAZIA

La grazia è di coloro che hanno coraggio.


La grazia è un movimento equilibrato, è l’immagine che scorreva nelle notizie della scorsa settimana, quella della giovane ragazza che danza sotto la volta della Galleria Umberto I di Napoli, che si muove seguendo il suo sogno ma che allo stesso stesso tempo emoziona portando sé stessa e la sua interiorità in una danza intima all’interno di un luogo pubblico.


"I nostri risultati migliori li produciamo nel momento in cui non ci sforziamo di ottenerli ma lasciamo che la nostra interiorità generi qualcosa di personale”.

Nicoletta Cinotti, psicologa, psicoterapeuta e Mindfulness Teacher apre il tema della grazia nelle organizzazioni e ne parla nel quinto appuntamento di Pensieri Stupendi per i manager di CFMT.

Un’ora di dialogo intimo con Valeria Cantoni Mamiani, presidente di ArtsFor e trainer di Leading by Heart insieme a oltre 70 manager del terziario.


L’arte è colei che per prima ha saputo allenare lo stato di grazia, le ballerine e i ballerini si muovono costantemente alla ricerca del risultato e allo stesso tempo di sé stessi. La grazia è un personale equilibrio tra la performance e l’espressione della propria interiorità, tra la prospettiva del pubblico dei teatri e quella degli specchi delle sale prova.


L’eccessiva autocritica è nemica della grazia. I giudizi altrui ma soprattutto quelli severi che rivolgiamo a noi stessi rompono il flusso di connessione intima e creativa, è nell’errore e nella sua accettazione che ritroviamo la bellezza di un’umanità imperfetta.

Accogliere l’errore nelle organizzazioni è importante per generare continuità, se l’errore è accettato come elemento del processo questo non si frammenta, non rischia di perdere il suo significato. Nel design il processo di prototipazione è proprio il momento chiave di inclusione dell’errore.


“Non possiamo pretendere di fare tutto bene, ma la vera differenza la fa il modo con il quale riusciamo a stare di fronte alle difficoltà”.

Sbagliare ci rende vulnerabili? Gli sbagli, le sfide e le difficoltà ci mettono in contatto con la nostra fragilità, ma è solo quando riusciamo ad attraversare con integrità questi momenti che riscopriamo in noi il senso di sicurezza. Se la forza la sperimentiamo nella vincita, la sicurezza la costruiamo nell’esperienza, quella della vita personale e quella di un’azienda che si muove in un mondo incerto ma in cui ancora sa ritrovare se stessa, i propri valori e la propria pienezza.


Non è un caso allora che Enzo Ferrari, fondatore dell’omonima casa automobilistica, possedeva un archivio degli errori, un grande armadio a vetro in cui custodiva tutti i pezzi risultati difettosi, così come tutti i pezzi che durante le gare avevano ceduto.

Come le persone crescono dai propri sbagli e delle proprie fragilità, anche le organizzazioni innovano e perdurano nel tempo quando imparano a convivere con questi aspetti.


“Crescere non vuol dire smettere di essere vulnerabili ma saper integrare la nostra vulnerabilità e sapere che è proprio quella la parte di noi che sta continuando a crescere”.

Dalle riflessioni di Nicoletta Cinotti un ultimo tema, spesso di difficile gestione sia personale che lavorativa è la convivenza tra l’urgenza e l’importanza. La grazia sa calibrare. Durante i periodi più intensi capita spesso di concentrarsi sulle urgenze, sulla mail di colleghi o del capo che ci richiedono un supporto immediato. Questo meccanismo può portare a perdere di vista le cose importanti, a concludere la giornata con un senso di vuoto. Quando ci si sente persi abbiamo bisogno di fermarci, di riappropriarci del nostro tempo e di lasciare spazio. La creatività ha bisogno di spazio per osservare da diversi punti di vista.


Muovendoci con grazia riscopriamo la bellezza collaterale della vita, come una lente capace di aprirci gli occhi sulle possibilità e modificare sorprendentemente il corso della storia. Come la giovane ballerina che, dall’impossibilità di iscriversi ad una scuola di danza, ha saputo cogliere con grazia un’opportunità nascosta e dalla città oggi danza nella scuola dello storico Teatro San Carlo di Napoli.



Francesca Monti

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