OLTRE LA TIRANNIA DEGLI ALGORITMI
Per una grande realtà aziendale italiana sono intervenuti Valeria Cantoni e il filosofo Miguel Benasayag portando riflessioni su come poter superare il modello algoritmico per ritrovare il senso delle nostre scelte.
Lo scandalo che nel marzo 2018 ha colpito Facebook ha sollevato uno dei temi più importanti della società contemporanea.
I dati, spiega Benasayag, fanno parte di quella complessità in cui oggi ciascuno di noi è chiamato ad agire, sostenendo l’importanza di essere consapevoli del contesto in cui siamo immersi per imparare a conviverci.
"La complessità non è un metodo di analisi ma è una trasformazione materiale del mondo, oggettiva".
Oggi i meccanismi deterministici causa-effetto non sono più attuabili, l’essere umano si è trovato così di fronte alla sua irrazionalità, ha perso la sua credenza di onnipotenza e per sopperire all’incertezza e alla vulnerabilità della complessità ha creato la macchina, lo strumento perfettamente razionale.
Questa modifica del sistema mondo in cui l’umano non è più al centro ha trasformato profondamente il nostro cervello creando l’emergenza di un sistema razionale che oggi è fondamentale e preponderante nello sviluppo della complessità.
Ma cosa ha comportato questo nuovo paradigma?
Com’è cambiata la nostra quotidianità?
Si è sempre pensato che il progresso tecnologico portasse con sé un reale risparmio di tempo, così abbiamo iniziato a delegare sempre più mansioni agli strumenti e a impiegare sempre più tempo in svaghi tecnologici differenti, creando un circolo vizioso tra il tempo risparmiato grazie alle macchine e quello impiegato nell’utilizzo di altre.
Affronta questo tema anche il progetto vincitore di Dr. Start-upper 2020 Mind your time, una app che trasforma lo smartphone da potenziale fonte di distrazione a uno strumento dedicato al benessere di chi lo utilizza. L’app interviene dopo dieci minuti dall’utilizzo di social proponendo all’utente tecniche di meditazione, respirazione e scrittura espressiva.
Sostiene Benasayag che il problema di fondo non è però connesso con la più o meno propensione alla tecnologia, ma è necessario aprire lo sguardo su ciò che sta accadendo, senza cercare verità assolute, ma ipotesi contestabili. Questo è il significato della scienza.
Si chiama delega di funzione quel processo per cui affidiamo alla macchina mansioni che prima erano nostre.
"Ciò non significa un aumento ma significa che la parte del cervello ad esse dedicata non lo farà più".
La delega di funzioni agisce allo stesso tempo anche sul senso di responsabilità sempre più affidato agli strumenti digitali.
Siamo deresponsabilizzati, le decisioni importanti a livello sociale, politico, economico, ma anche sanitario sono sempre più veloci e legate a logiche numeriche da cui l’uomo prende le distanze conferendo alla macchina un potere quasi magico.
"Ogni valutazione precoce non ne riconosce la ricchezza"
Il tema è strettamente connesso a quello valutazione, spesso siamo chiamati a fare scelte sulla base dei dati e queste scelte è importante ricordare che non possono essere completamente oggettive, ma ne siamo soggettivamente responsabili. Ogni valutazione implica infatti uno schema di ciò che per me è un essere umano, di quali competenze debba avere e quali invece sono superflue. In questo modo si tende sempre più ad assimilare l’uomo alla una macchina su cui poter aggiungere e togliere elementi.
L’adattamento dell’uomo nei confronti delle macchine apre una riflessione antropologica di fondo: siamo deterritorializzati e ciò comporta una progressiva e sempre più significativa perdita di senso, di identità e di comunità.
Prevedibilità e appiattimento, ci stiamo culturalmente e sociologicamente omologando al sistema tecnologico, stiamo diventando dei profili che gradualmente abbandonano le loro unicità.
Con Benasayag e Valeria Cantoni abbiamo letto questa complessità ritrovando l’importanza di dedicare tempo all’errore, all’imperfezione e all’inefficienza senza le quali l’uomo perde la propria singolarità, il proprio valore e la propria creatività.
"Il manager capace di vedere la complessità, accettare i fallimenti e avere uno sguardo meno lineare è il manager del futuro".
Per le organizzazione dedicare tempo agli sbagli è una cambio di prospettiva, un’innovazione culturale, una risposta al cambiamento e un modo saggio di proteggere i giovani lasciandogli il proprio tempo, il tempo della responsabilità e della consapevolezza di sé.
Francesca Monti