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LEADERSHIP NELLA SHUT-IN ECONOMY

La chiamano "shut-in economy", economia al chiuso, tra i confini. E non è una parolaccia, ma solo il modo per dire come le persone comprano, lavorano, studiano, desiderano... 

Era già tra noi, ma ora non è più una scelta, è un obbligo, dal momento che letteralmente non si può più uscire di casa per un tempo che nessuno è in grado di determinare. Come già i biologi da tempo dicono agli economisti, ognuno dipende da tutti e tutti dipendono anche da ognuno. Benvenuti nella società della complessità. 


L'analisi di Gordon Lichfield, direttore di MIT Technology Review, dice chiaramente che questa epidemia del Covid19 porterà a una stagione di adattamento dei modi in cui si potrà socializzare. Già adesso riceviamo ogni giorno consigli per rimanere in forma e come Jane Fonda negli anni 80 ho amiche che passano le giornate in tuta davanti allo schermo. Mio padre, non potendo andare in palestra, ha comprato la cyclette e l’ha messa in portineria dove ogni giorno si reca per fare i suoi esercizi di riabilitazione.

In questa shut-in economy quali parole cambieranno il loro senso? E con quali effetti?


La parola Prossimità sarà ripensata perché non potendo vivere a lungo fisicamente distanti gli uni dagli altri, dovremo imparare a essere prossimi e vicini pur nella distanza. 
La parole Sicurezza può trovare nuovi significati perché l’epidemia ci sta chiedendo di passare dall’occuparci della nostra sicurezza a iniziare a preoccuparti e prenderci cura della sicurezza degli altri. Concetto molto difficile da assumere in una società votata all’individualismo.
La parola Ascolto ci chiama in appello perché, lontani da tutti, ci rendiamo di quanto abbiamo bisogno di essere ascoltati, nelle nostre paure, nelle nostre insicurezze, nella mancanza di risposte.

E cosa comportano questi tre slittamenti semantici per le nuove forme di leadership che si prospettano? Per chi ha la responsabilità di altre persone, per chi non può abbattersi dietro a visioni apocalittiche dovendo creare le condizioni perché i propri collaboratori non si demotivino, non si sentano abbandonati?


Comportano soprattutto la capacità di stare in bilico tra razionalità ed empatia, tra efficienza dello smart working e prossimità alle persone, tra la necessità di seguire programmi definiti e la capacità di coinvolgere le persone partendo da sinceri processi di ascolto. Comportano la capacità di essere funamboli, di abitare la dicotomia, di accettare le contraddizioni.


E soprattutto è il momento questo per attingere tutti alle proprie risorse interiori, imparando a stare bene con se stessi, a ritornare a farsi domande, a non cercare risposte confezionate, a fidarsi della propria immaginazione, ad accettare la paura, la fragilità e il proprio senso del tragico come valori positivi e utili per essere maggiormente reattivi e propositivi e contribuire al cambiamento, senza troppo subirlo.



Valeria Cantoni

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