PERCHÉ CONDURRE CON IL CUORE?
Per provare a offrire alcuni spunti ai manager di CFMT, nel 2018 ArtsFor_ ha dato vita a un ciclo di incontri formativi che hanno la caratteristica di essere ispirativi, pratici e teorici; lo abbiano chiamato Condurre con il cuore, mettendo al centro il tema della leadership inclusiva.
Dopo i workshop sull’ascolto e sulla gestione dei conflitti, abbiamo voluto creare con questo nuovo ciclo uno spazio che fosse un’occasione di incontro, di confronto e dialogo per sviluppare maggiore autorevolezza grazie all’empatia e migliorare le relazioni e le performance, ovvero il modo attraverso il quale vengono raggiunti i risultati in un contesto organizzativo.
Inaugurato in primavera a Roma, in autunno Condurre con il cuore è arrivato a Milano con tre incontri tra ottobre e dicembre. Già dal primo appuntamento, dato l’altissimo numero di partecipanti, è stato evidente quanto i manager e le manager siano consapevoli della necessità di trovare nuovi modi per essere dirigente e condurre l’organizzazione verso obiettivi positivi in tempi incerti.
Cosa è il vero significato dell’intelligenza emotiva? A cosa serve, quando e come usarla e come metterla al servizio di sé e del gruppo di lavoro?
Il primo incontro ha aperto le danze con una presa di coscienza sul valore reale dell’intelligenza emotiva e sul suo vero significato cercando di scardinare alcuni luoghi comuni. Si è affrontato il rapporto tra intelligenza cognitiva ed intelligenza emotiva, là dove la prima, se non integrata, può essere un ostacolo all’empatia, dunque alla capacità di comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri.
L’aumento della performance passa dalla capacità di promuovere e gestire conversazioni con un’alta posta in palio, emotivamente complesse, con opinioni divergenti. Dunque ci vogliono persone che comprendano i perché e i come del comportamento umano, pensando a clienti, collaboratori, capi e investitori.
Nel secondo appuntamento milanese, il 7 novembre, si parla di autorevolezza:
come si fa a essere un emotional leader? Si approfondisce il tema della leadership inclusiva, focalizzandosi sul rapporto tra autorevolezza e autorità, là dove la prima ha molto a che fare con la capacità di trasmettere senso e saper porre le domande giuste concentrandosi più sul “perché” che sul “che cosa”. E quando non si hanno le risposte, governare con le domande è più efficace che improvvisare risposte. Nel workshop si comprende in questo senso cosa significa “governare con le domande” persone e processi.
A comprova dell’attualità ed efficacia della “leadership gentile”, non è un caso che il premio Nobel per l’economia sia stato dato quest’anno a Richard Thaler, teorico dei nudge e della “spinta gentile“, in cui si comprende come si può orientare le persone a prendere decisioni sensate senza che si sentano né troppo lasciate a loro stesse né troppo “controllate”.
Il terzo incontro, l’11 dicembre, affronterà il tema dell’emotional safety e di come attraverso questo approccio si possa trasformare un gruppo passivo in un gruppo attivo. Le persone danno il meglio di sé al lavoro quando si sentono emotivamente al sicuro. Concentrano la loro energia e il loro tempo a risolvere i problemi e raggiungere risultati piuttosto che a preoccuparsi che le loro idee e il loro modo di lavorare non venga accolto. Senza contare il fatto che i collaboratori emotivamente sicuri lavorano con più serenità e maggiore soddisfazione.
La teoria dell’emotional safety, elaborata dallo psicologo Don R. Catherall in riferimento alla terapia di coppia, viene declinata nelle organizzazioni, per comprendere come sia fondamentale creare contesti in cui le persone non abbiano paura di sbagliare né di essere continuamente giudicati da capi e colleghi.
Capiremo cosa significa creare un contesto “sicuro” a livello emotivo, dove le persone si sentano sufficientemente considerate e libere di scegliere e agire come soggetti attivi. In questo terzo workshop si lavorerà dunque su comportamenti e sulle attitudini culturali adatti a trasformare un gruppo passivo in un gruppo attivo, in quanto emotivamente sicuro.
Quando un contesto è “emotional safe” le persone si fidano l’una dell’altra e liberano spazio ed energie a lavorare bene e in modo generativo. E più che mai questo è il momento per liberare energie positive!